"Questa sara la rovina mia"
Secondo le fonti queste furono le parole pronunciate da
Giovanni II Bentivoglio alla notizia della efferata strage dei membri della famiglia Marescotti, storicamente alleata dei Signori di Bologna, imprigionati nelle carceri bolognesi perché accusati di tramare con il Duca Valentino contro la Signoria bentivolesca.
Era il
1501 e nell’arco di pochi anni le parole di quello che si definiva pater patriae della ricca città emiliana avrebbero palesato la loro profeticità.
Cinque anni più tardi, infatti, il nuovo
papa Giulio II, deciso a ristabilire l’autorità della Santa Sede sulle terre ad essa spettanti, costrinse alla fuga la famiglia Bentivoglio in una fredda notte di novembre del
1506.
Finiva così l’era dei Bentivoglio che avevano dominato la scena politica bolognese per tutto il XV secolo ed erano stati ufficialmente i Signori della città per più di 50 anni.
Le origini tra mito e realtà
Secondo la tradizione quattrocentesca, le origini della famiglia risalirebbero addirittura a
Enzo, re di Sardegna, figlio dell’imperatore Federico II, prigioniero dei Bolognesi per 23 anni nel palazzo che ancora oggi porta il suo nome a seguito della sua cattura al termine della battaglia della Fossalta nel 1249.
La leggenda vuole che il cognome familiare derivi dalle parole che il figlio di Federico II sarebbe stato solito dire alla sua amante bolognese:
"Ben ti voglio".
La realtà è, invece, molto diversa, e vede la famiglia Bentivoglio farsi lentamente strada all’interno della compagine politica bolognese già nei primi anni della seconda metà del XIII secolo quando figurano già nelle liste di due delle più importanti Società delle Arti bolognesi: quella dei Beccai e quella dei Notai.
La seconda metà del Trecento segna il principio dell’era delle Signorie, e così nella città emiliana si alternarono i Pepoli, i Visconti, diversi legati pontifici fino alla affermazione dei Bentivoglio nel 1401, dopo un’altra breve parentesi di governo popolare e una faticosa fase di contrasti interni ed esterni.
Prove di Signoria
Giovanni I Bentivoglio, infatti, occupò il Palazzo Comunale il 14 marzo 1401 e fu acclamato dal popolo gonfaloniere perpetuo e Signore di Bologna.
Il successo del colpo di mano bentivolesco si rivelò però un fuoco di paglia, poiché, nel tentativo di ufficializzare la sua posizione con l’investitura a Vicario Papale per la città di Bologna, Giovanni aveva totalmente estromesso dalla politica cittadina i Visconti che avevano appoggiato la sua ascesa al potere.
Così nel giugno del 1402 il Bentivoglio venne sconfitto nella
Battaglia di Casalecchio da un esercito milanese appoggiato da diverse famiglie nemiche dei Bentivoglio (Isolani, Gozzadini, Pepoli, Galuzzi) e capeggiato Alberico da Barbiano. La fine di Giovanni fu delle peggiori: ritiratosi in città venne catturato dai suoi concittadini che, all’arrivo dei viscontei, lo linciarono senza pietà. Il governo milanese, però, fu di breve durata, perché già l’anno seguente Bologna ritornava sotto l’egida del Legato Papale, il Cardinale Baldassarre Cossa, futuro Papa Giovanni XXII.
Nel clima di tensione continua dell'inizio del Quattrocento si fece strada il figlio di Giovanni,
Anton Galeazzo, in competizione con Tommaso Zambeccari e incaricato dal Comune a compiere prestigiose missioni diplomatiche in Italia. Pochi anni dopo il suo assassinio, per ordine del legato papale, Bologna si ribellò nuovamente al Papa e di chiese l’aiuto dei Visconti, che inviarono a custodire la città il condottiero Niccolò Piccinino.
Quest’ultimo, pianificando di acquisire per sé la Signoria della città, fece imprigionare Annibale, figlio naturale di Anton Galeazzo nella rocca di Varano, presso Parma (1442).
Ma le aspirazioni del condottiero sfumarono di fronte al coraggio di Galeazzo Marescotti, fedele amico di Annibale, che lo liberò con in un "blitz" immortalato anche nelle belle pagine autobiografiche del Marescotti stesso. Al ritorno del Bentivoglio la popolazione insorse contro i milanesi ed Annibale acquisì, durante i vittoriosi scontri con le truppe viscontee nel contado, grande prestigio personale.
Purtroppo questo riaccese gli odi tra le fazioni e così nel 1445 fu crudelmente assassinato in un agguato delle famiglie nemiche, a cui seguì la spietata persecuzione dei congiurati, e la scelta dei bolognesi di
Sante Bentivoglio come nuova guida. Questi era figlio naturale di un fratello di Anton Galeazzo, fino ad allora vissuto a Firenze ignaro delle sue origini, praticando il mestiere di lanaiolo.
Nonostante ciò si dimostrò un abile politico e diplomatico ottenendo in sposa la
nipote del Duca di Milano, Ginevra Sforza.
Si apriva così un’era di pace e prosperità per Bologna e per la penisola, suggellata tra l’altro dalla
Pace di Lodi (1454) che concludeva decenni di lotte per l’egemonia tra gli stati italiani.
Signori di Bologna
Così, quando nel 1460 (secondo altri nel 1462) Sante morì, fu il primo Bentivoglio signore di Bologna ad esser morto nel suo letto. A lui successe il legittimo erede di Annibale,
Giovanni II, cresciuto in vista del ruolo che avrebbe dovuto ricoprire: con lui si realizzò appieno il progetto politico ed ideologico dei Bentivoglio, che fecero di Bologna la sede di una raffinata corte rinascimentale, a imitazione di quanto avveniva nelle altre città italiane.
Centro della vita della corte divenne il sontuoso palazzo, decorato da numerosi artisti, mentre la città viveva una rinascita edilizia.
L’abilità di Giovanni II si manifestò anche in politica estera, in cui seppe guadagnarsi l’appoggio dei Signori vicini attraverso una fitta rete di matrimoni di interesse, primo fra tutti, il suo con la vedova di Sante, Ginevra Sforza che gli diede ben undici figli, mediante i quali strinse quindi alleanze con i Malatesta di Rimini, con i Manfredi di Faenza, con gli Este di Ferrara. Ma con la Signoria di Giovanni II il periodo d’oro dei Bentivoglio, e con essi di Bologna, volgeva al termine: nell’arco di pochi anni il pugno di ferro di Giulio II avrebbe ristabilito, questa volta definitivamente, l’autorità papale sulle terre emiliano-romagnole.
Così può ancora accadere, passeggiando per le vie di Bologna, nonostante la damnatio memoriae di cui Giulio II ne fece oggetto, di vedere residui della Signoria bentivolesca.
Il palazzo dei Bentivoglio, decantato dai contemporanei come una delle più alte realizzazioni artistiche ed architettoniche italiane, fu infatti saccheggiato dalla folla e ridotto ad un cumulo di macerie, tanto che nei secoli la zona fu soprannominata "il guasto di Palazzo Bentivoglio".
Al suo posto, nel luogo ove ora sorge il settecentesco Teatro Comunale, rimase per secoli un ampio spazio vuoto ed oggi a ricordarne con nostalgia la distruzione resta solamente il nome che da allora indica la via adiacente:
via del Guasto.